TRAMA
Si tratta di una tragedia quasi shakespeariana in forma comico-grottesca. I personaggi, al limite del clownesco, sono persi in uno spazio che richiama lo stato beckettiano dell’anima umana: una landa desolata. Soli, ridotti a un dialogo fatto di parole elementari che nascondono una solitudine infinita, un bisogno assoluto di dare e ricevere protezione, Vladimiro ed Estragone tornano ogni giorno ad aspettare qualcuno, Godot, che non arriverà mai. Aspettando si confrontano con il mondo esterno: Pozzo, che esprime tutta la prepotenza e la costruzione vuota delle parole di chi manipola e strumentalizza tutto; Lucky, coscienza di Pozzo, che nella sua resistenza passiva custodisce umilmente la bellezza e la dignità dell’uomo e diventerà muto per non voler cedere anche le poche parole che gli sono rimaste. Ma all’immobilità delle coordinate spazio temporali, all’attesa, fa da contrasto il dinamismo a volte isterico del dialogo che spazia dai registri drammatici a quelli propri del cabaret. L’elemento comico è uno dei punti cardine su cui si basa la struttura del testo; si tratta tuttavia di una comicità amara, complessa, alla quale Beckett ha dedicato sempre molta attenzione.
NOTE DI REGIA
Si può sbirciare dentro l’anima dello spettacolo più “vuoto” di Beckett? È proprio vero che il testo è così “assurdo” da non lasciar trasparire i sentimenti, le relazioni, insomma il percorso umano dei personaggi? E’ possibile andare oltre il testo e visualizzare i pensieri, per esempio, la paura di Vladimiro? Abbiamo sviluppato tutte queste domande e ne è nato uno spettacolo dinamico, un allestimento che punta a coniugare messaggio e risate, assurdità e realismo.
Abbiamo ritrovato la vis comica insita nel testo, la clowneria e il cabaret che padroneggiano in scena, utilizzando anche la rottura del testo senza mai però correggerlo, senza mai tradirne la natura che tanto ci affascina.